Ma cos'è l'Arte? Uno spunto di riflessione |
John Dewey con la pubblicazione nel 1934 di Art as experience, ha sistematizzato e reso esplicita una prospettiva pedagogica – cosiddetta attiva - che ha posto l’esperienza estetica a fondamento del processo formativo, riabilitando e legittimando, così, la dimensione percettiva come condizione di ogni cognizione possibile e facendo dell’arte lo spazio formativo per eccellenza perché riconosce la totalità e la complessità della ‘creatura vivente’. La centralità del concetto di esperienza così come intesa da Dewey - proposta cioè come ‘emergenza’ della relazione tra uomo e ambiente e quindi come la realizzazione di un atto creativo di tipo percettivo-cognitivo operato dall’uomo nei confronti del suo mondo di vita – recupera la sfera del corporeo e della multisensorialità come parte di una proposta epistemologica e metodologica che non esita a riconoscersi in una certa pragmatica pedagogica che assume l’arte come concetto-chiave attraverso cui prende forma la pratica educativa, ovvero l’educazione e il sapere pedagogico come prassi. Va ricordato che il credo pedagogico di John Dewey è stato attuato dai fondatori del Blackmountain College, la cui nascita si deve a John A. Rice nel 1933 e coincide con la chiusura ad opera di Hitler della Bauhaus in Germania e quindi con la persecuzione di artisti ed intellettuali in tutta Europa. Il Blackmountain College ha rappresentato l’esperienza più significativa capace di unire il campo della ricerca artistica con quello della ricerca pedagogica, basandosi sull’assunto deweyano che apprendimento e arte fossero strettamente interconnessi e che da questa relazione si potesse realizzare un’educazione progressista e democratica. Citare ancora oggi l’opera e il pensiero di John Dewey e l’esperienza del Blackmountain College, finita poi nel 1957, significa tornare alle ‘ragioni’ che vi sono sottese, a quella visione critica e tutta contemporanea che guarda all’uomo e alla sua ‘vitale’ relazione con il mondo e che chiede che quella relazione possa essere nutrita dalle istituzioni e da un sistema educativo e formativo capace di mobilitare le possibilità ‘creative’, ‘attive’, dell’uomo e quindi di rigenerare il sistema sociale (e quindi economico e politico). Un progetto educativo, dunque, tutto puntato sullo sviluppo della capacità cognitiva e creativa, sull’unità pensiero-azione e sulla dimensione cognitiva sottesa ad ogni azione così da far emergere la pratica come parte qualificante dell’intero progetto e della sua intenzionalità pedagogica. Il questo senso l’arte è una forma di educazione, quella che ne esprime il continuo senso di incompiutezza e quindi la processualità, quella continua ricerca di senso che coglie il divenire come dimensione dell’essere: essere che, in quanto creatura vivente, è ‘opera’ sempre in fieri il cui prender forma emerge dal rapporto con l’ambiente nel quale si situa. Il significato e il valore dell’opera di Dewey, così come il significato e il valore pedagogico dell’arte, ovvero della pratica artistica in quanto esperienza estetica, possono essere meglio compresi se connessi alle cosiddette scienze cognitive e alla ricerca nell’ambito delle neuroscienze insieme alle applicazioni che queste scienze stanno trovando sia nell’ambito delle istituzioni educative quanto in quello delle istituzioni artistiche e museali. Un aspetto importante della ricerca cognitiva applicata all’arte e all’educazione sta nell’aver riconosciuto un ruolo decisivo all’esperienza estetica, ovvero alla dimensione estetica dell’esperienza, rendendo l’arte quello specifico e speciale ‘spazio’ nel quale ciascuno può attualizzare e sviluppare la propria capacità di dare e prender forma. L’interesse di Dewey per la ‘natura umana’ tocca e intreccia questioni del biologico e del filosofico così da proporre la ‘soluzione’ dell’antica quanto insoluta contrapposizione tra materia e la forma, azione ed intenzione. Quella che Bergson - contemporaneo di Dewey - chiamava evoluzione creatrice, diventa un obiettivo che mobilita intelligenza e coscienza in una totalità che costituisce le nuove sfide della ricerca pedagogica ed epistemologica che emergono in tanta ricerca sull’Intelligenza Artificiale e sull’estetica del virtuale e del 3D. L’attuale diffusione della tridimensionalità e di una certa interattività non sono altro, infatti, che la risposta alla ricerca di una profondità del reale, della sua stratificazione e della sua estensione, messa in relazione con l’esploratore di quella ‘realtà’ che se ne fa attuatore e creatore al tempo stesso. In questo senso, perciò, sembra importante rinnovare la mission pedagogica e partire dalle istituzioni museali nonché dal patrimonio artistico e culturale per realizzare una sperimentazione ‘accessibile’ che renda alcuni saperi funzionali a nuove pratiche fruitive che possano vedere superata la concezione descrittiva e trasmissiva della conoscenza e che chiamino il fruitore a farsene parte attiva, generativa e rigenerativa. In process ... | John Dewey, with its publication in 1934 of Arts as Experience, has systematized and explained a pedagogic perspective - called active - which set the esthetic experience as a fundament of the educational process, redeeming and legitimizing the perceptive dimension as the condition of each possible cognition and making arts the perfect educational space because of its power of recognizing the totality and complexity of the living creature. The centrality of the experience concept, as intended by Dewey - namely, proposed as the “emerging” of the relation between man and environment, and so as the rationalization of a perceptive-cognitive creative acts made by man towards its living world - regains the body and multisensorial scope as a part of the epistemological and methodic purpose which does not hesitate to recognize itself in a specific, pragmatic pedagogy which “uses” art as a key-concept through which the educational practice takes shape, which is education and the pedagogic knowledge as praxis. It has to be recalled that the Dewey’s pedagogic credo has been actuated by the founders of the Blackmountain College, which birth is due to John A. Rice in 1933 and coincides with the closing of the Bauhaus opera by Hitler in Germany and with the persecution of artist and intellectuals throughout Europe. The Blackmount college represented the most significant experience, capable of unifying the artistic and pedagogic research, basing of Dewey’s assumption that learning and arts are tightly connected, and that from this relation we could realize a progressivist and democratized education. Quoting John Dewey’s mindset and work and the Blackmountain’s experience, ended in 1957, means going back to the “reasons” which underlie them, to that contemporary and critical view, which looks at man and its vital relation with the surrounding world and inquires that the aforesaid relation can be feeded by government institutions and an educational system capable of moving the “creative and “active” possibilities of man, and so to restore social system (and, as a consequence, the economic and political ones). So, an educational project aimed at the development of cognitive and creative capacities, at the unity between thinking and acting, and at the cognitive dimension underlying each action so that the practice can emerge as a qualifying part of the whole project and from its pedagogic intentionality. In this direction, art is a form of education, the one which expresses a sense of incompleteness and, as a consequence, processuality, the constant seek of meaning which grabs the becoming as a dimension of existence: existence which, as a living creature, is an ongoing “work” from which the shape-taking comes from the relation with the environment in which it grows. The meaning of Dewey’s work, also as the meaning and pedagogic value of arts, which is the artistic practice as an aesthetic experience, can be understood even better if linked to the so-called cognitive sciences and to the research in the field of neurosciences together with the application which these sciences are finding in educational institutions as in the one of museum and artistic institutions. An important aspect of the cognitive research applied to arts and education is in the recognition of a decisive role of the aesthetic dimension, which is the aesthetic dimesion of experience, making art the specific and special “zone” in which anyone can create and develop its capacity of giving and taking shape. Dewey’s interest for “human nature” touches and crosses biological and philosophical problems so to propose the “solution of the ancient and unsolved counterposition between substance and shape, action and intention. What was called by Bergson - Dewey’s contemporary - creative evolution, becomes an objective which moves intelligence and conscience in a whole which builds the new challenges of pedagogical and epistemological research which emerge from a profound research about Artificial Intelligence and virtual aesthetics of the 3D. Today’s diffusion of tridimensionality and of a certain interactivity is, in fact, no more than the answer to a research of the profoundness of real, of its stratification and its extent, related to the explorator of that “real”, who makes himself actuator and creator at the same time. So, in this sense, it appears important to renew the pedagogic mission and start from the museum institutions, as well as the cultural and artistic heritage, to create an “accessible” experimentation which renders some knowledge functional for new fruitional practices which can see the overcoming of the descriptive and transmissive conception of knowledge and call the user to be an active part in it, generative and regenerative. ... In process |
ARTS AS NEURO-COGNITIVE EXPERIENCE
a cura di Vittorio Dublino
a cura di Vittorio Dublino
Nel 2010 a Bruxelles alla Royal Flemish Academy of Belgium for Science and the Arts , si è tenuta una importante conferenza sul tema “Arte e Percezione”. Nel corso della conferenza è emerso che la chiave di successo per lo studio della percezione dell'arte e dell'estetica sta nell’approccio interdisciplinare e nel confronto aperto per la discussione dei diversi punti di vista che intercorrono tra artisti e scienziati, tra gli studiosi di diverse discipline ( i.e. psicologia e storia dell'arte), nella definizione degli approcci alla ricerca (teorico, fenomenologico, empirico) ed in quale campo scientifico in particolare (psico-fisico, neuroscienze, ecc.). Lo scienziato Son Preminger, afferma in suo articolo, “la convinzione generale che si sta facendo strada è che l’Arte è un medium che induce esperienze. Le esperienze artistiche sono un veicolo per trasmettere significati, un modo per offrire motivo di benessere o mezzi di auto-espressione e di comunicazione.” “Ogni opera d'arte induce un’esperienza mentale nell'osservatore, nel partecipante o nello sperimentatore. È’ stato dimostrato che contemplare un'opera d'arte innesca processi percettivi: le arti plastiche innescano processi visivi di basso livello come l'orientamento e il rilevamento dei bordi, così come i processi di livello superiore, come ad esempio il riconoscimento di oggetti e la sua separazione dallo sfondo. Un'esperienza artistica coinvolgerebbe processi cognitivi aggiuntivi come le funzioni esecutive, la memoria, l'emozione, e altri processi cognitivi di alto livello. L'impegno di funzioni esecutive come la memoria di lavoro e l’attenzione, sono le basi di molte esperienze artistiche. Processi intrinseci come la memoria autobiografica, le emozioni e la Teorie sulla Mente possono essere guidati da elementi percettivi e dotare di significati e fornire l'essenza concettuale do un’opera d'arte. Quali combinazioni specifiche di funzioni cognitive siano impegnate dall’osservazione di un’opera d'arte dipendono dalla forma d'arte, dalla particolarità dell’Opera e dall’Esperienza dell'Osservatore. Ad esempio, le forme d'arte classiche come le arti plastiche, la musica e i film, guidano verso la sola esperienza mentale di tipo artistico; mentre le arti interattive, come ad esempio le installazioni interattive o i videogiochi coinvolgono anche le funzioni motorie (cinestesiche) e di controllo comportamentale come parte dell'esperienza indotta. A livello neurobiologico, le esperienze mentali si manifestano con l’attivazione delle corrispondenti reti neurali le cortecce visive e uditive, le reti dell’attenzione e della memoria, le regioni del cervello emotivo, le regioni frontali del cervello, in combinazione tra loro.” “È emerso come gli utenti possano percepire l’arte e l’estetica da un punto di vista psicologico e neuropsicologico e come questa visione possa cambiare lo stesso concetto di arte. Scopo di questa interazione eterogenea è quello di sviluppare abilità critiche, nuove e trasversali, e autogestione didattica, includendo livelli comunicativi virtuali modulati dalla semplice attività cerebrale e dall’attivazione attenzionale del soggetto, potenziando inoltre i livelli di motivazione dell’utente. Questo costrutto si fonda sulle teorie della Embodied Cognition, legata a recenti ricerche nel campo delle scienze cognitive, dei sistemi dinamici, dell’intelligenza artificiale, della robotica e della neurobiologia. Per la embodied cognition l’apprendimento multipercettivo permette di valutare come il sistema motorio e percettivo influenzi la cognizione e potenzi capacità e connettività cerebrali: il corpo modula i processi di apprendimento e aumenta le capacità attenzionali e motivazionali. In un classico contesto di didattica museale il corpo è parzialmente inattivo perché l’utente deve ‘vedere’ senza avere la possibilità di visionare fisicamente lo stimolo. I livelli che vengono attivati in un visitatore museale, in situazioni di elevata ‘competence’ dell’oggetto percepito, sono livelli simbolici e affettivi. In situazioni di elevata competenza artistica, si può presentare, davanti alla visione dello stimolo reale, oggetto di osservazione, uno scompenso affettivo ed emozionale, dovuto alla semplice interazione visiva con l’oggetto. Si tratta, in questo caso, di far parte di un ‘insieme’ gestaltiano5 di relazione con una sorta di oggetto transizionale immaginato di cui, in una situazione museale o legata ai beni culturali, si può avere un’esperienza diretta. Questa sindrome è chiamata Sindrome di Stendhal o sindrome da “hyperkulturemia”. Sintomi simili possono essere elicitati da esperienze culturali estreme, specialmente se vissuti a lungo e rappresentati da esperienze significative per il soggetto, anche a livello religioso, ad esempio nella Jerusalem syndrome che si presenta in siti storici o religiosi”. | In 2010, in the Royal Flemish Academy of Belgium for Science and Arts, Bruxelles, a very important conference on the theme “Arts and Perception” was held. During the conference, the concept that the key to success in the study of perception of arts and aesthetics can be found in the cross-disciplinary approach and in the open confrontation for the discussion of the different points of view among artists and scientists, among the professionals of the various disciplines (e.g. psychology and art history), in the definition of the approaches to research (theoretical, phenomenological, empirical) and in which specific scientific field (psychophysical, neurosciences, etc.) emerged. The scientist Son Preminger states in his article: “the general belief which is gaining its way is that in Arts it is a medium which induces experiences. Artistic experiences are a vehicle to transmit meaning, a way to offer wellness and means of self-expression and communication”. “Each artwork induces a mental experience in the observer, in the participant or in the experimenter. It has been demonstrated that the contemplation of an artwork triggers perceptive processes: plastic arts generate low-level visual processes as orientation and the bearing of borders and corners, and also superior level processes, for example the recognition of objects and their separation from the background. An artistic experience would involve additional cognitive processes such as the executive functions, memory, emotions, and other high end cognitive processes. The usage of executive functions such as work memory and attention are the bases of many artistic experiences. Intrinsic processes such as autobiographical memory, emotions and the Theories of Mind can be driven by perceptive elements and supply meaning and conceptual essence to an artwork. The specific combinations of cognitive functions to use in the observation of artworks depend on the form of art itself, from the peculiarities of the piece and from the experience of the observer. For example, the classical art forms such as plastic arts, music and movies, drive towards the unique artistic mental experience; while interactive arts, such as interactive installations or video games, also involve moving (kinesthetic) and behavioral functions as part of the induced experience. Neurobiologically, mental experiences are shown through the activation of the matching neural networks and visual/auditory cortices, the networks of attention and memory, the cerebral regions of emotion, the frontal regions of the brain, combinating mutually” “We have seen how the users can percept arts and aesthetics from a psychological and neural point of view and how this vision can change the concept of arts itself. The aim of the heterogeneous interaction is to develop new and crosswise critical abilities, and didactic self-management, including virtual communicational levels modulated by the simple cerebral activity and the attention triggering of the subject, also enhancing the levels of motivation of the user. This construct is based on the theories of the Embodied Cognition, connected to the recent researches in the field of cognitive sciences, of dynamic systems, of AIs, of robotics and neurobiology. For the embodied cognition, multi perceptive learning allows to estimate how the motor and perceptive system influences the cognition and enhances mental capacities and connectivity: the body modulates the learning processes and enlarges the attention and motivational capacities. In a traditional context of museum didactics, the body is partially inactive because the user has to “see” without having the possibility of trying physically the stimula. The levels which are activated in a museum visitor, in situations of high end “competence” of the perceived object, are symbolic and affective. In situations of high artistic knowledge, we can see, in front of the real stimulation, an affective and emotional decompensation, caused by the simple visual interaction. In this case, it comes to being part of a relational gestalt ‘ensemble’ with a sort of transition object of which, in a museum (or cultural heritage) situation, there can be a direct experience. This syndrome is called Stendhal Syndrome of ‘hyperkulturemia” syndrome. Similar symptoms can be elicited by extreme cultural experiences, especially if lived over a long period of time and represented by significant experiences for the subject, even on a religious base, for example the Jerusalem Syndrome which can be observed in historical or religious sites”. |
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Authors readings
Francesco C. Betti |
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